Stadio della Roma a Tor di Valle: la condotta grave e spregiudicata di Marcello De Vito secondo i giudici

Il processo legato alla costruzione del nuovo stadio della Roma a Tor di Valle ha portato a pesanti condanne per diverse figure coinvolte. Nel mese di aprile, l’ex presidente dell’Assemblea Capitolina, Marcello De Vito, ha ricevuto una condanna a otto anni e otto mesi di reclusione, in quanto ritenuto colpevole di comportamenti gravemente devianti dai suoi doveri istituzionali.

Lo stadio della Roma a Tor di Valle, spina nel fianco di Virginia Raggi

Il progetto del nuovo stadio ha rappresentato una problematica significativa per l’allora sindaca Virginia Raggi, del Movimento 5 Stelle. Nella fase di approvazione, Raggi fu supportata dal consigliere Luca Lanzalone e da De Vito stesso. L’inchiesta giudiziaria che ne è seguita ha coinvolto un numero elevato di personaggi di spicco, tra cui l’avvocato Lanzalone, condannato a tre anni, e l’imprenditore Luca Parnasi, condannato a due anni con rito abbreviato. Anche il deputato della Lega Giulio Centemero ha ricevuto una condanna a un anno. Tra coloro che sono stati assolti, si segnalano l’ex assessore regionale Michele Civita e l’ex tesoriere del PD Francesco Bonifazi.

Da Marcello De Vito sullo stadio della Roma a Tor di Valle “Condotta grave e spregiudicata”

Le principali accuse rivolte agli imputati includono corruzione, traffico di influenze e finanziamento illecito. Secondo la sentenza, Lanzalone, in qualità di ex presidente di Acea, avrebbe abusato della propria posizione per realizzare interessi personali, senza mai apportare vantaggi alla collettività. Anche De Vito è stato giudicato colpevole di avere agito con intenti delittuosi, come evidenziato da diverse intercettazioni, in cui si intratteneva con il socio Camillo Mezzacapo sul modo di sfruttare la situazione politica favorevole del Movimento 5 Stelle sia in ambito nazionale che locale.

Le condanne anche dei personaggi politici ‘minori’

Le sentenze hanno colpito anche altri soggetti, tra cui Gianluca Bardelli, condannato a sei anni e otto mesi, Adriano Palozzi, a un anno e dieci mesi, Giuseppe Statuto, a un anno e mezzo, e Andrea Manzoni, a otto mesi. Le motivazioni della sentenza hanno sottolineato l’esistenza di un bene definito disegno criminoso, in cui è emersa una rete di comportamenti illeciti interconnessi, collocati in un contesto temporale unificato.

Questa inchiesta ha rivelato un vasto sistema di favori e corruzione, implicando imprenditori, figure politiche e professionisti, minando l’integrità delle relazioni tra il settore pubblico e quello privato. Le recenti condanne hanno tracciato un quadro chiaro delle responsabilità, segnando la conclusione di un capitolo controverso della storia recente amministrativa della Capitale.

Scritto da Giancarlo Loti